martedì 14 aprile 2015

Bloccato l’elettrodotto per collegare la Sicilia al continente.

Pure i NO-pilone...non si rendono neanche conto che vanno contro gli interessi degli stessi siciliani e di tutti gli italiani.
Parlo di interessi ambientali, oltre che economici:
  • minor utilizzo di energia rinnovabile (sia in export che in import);
  • maggiori emissioni di CO2 dovute ad impianti obsoleti che in mancanza del cavo devono necessariamente continuare a funzionare, ma che chiuderebbero subito con l'attivazione del collegamento;
  • utilizzo di linee vecchie che andrebbero dismesse;
  • maggiori costi dell'energia (anche al di fuori della Sicilia): solo per la Sicilia hanno dovuto fissare un tetto massimo al prezzo; 
  • e come ciliegina sulla torta, tanti bei soldi per chi l'energia elettrica, in Sicilia, la vende.

Ma queste cose di sicuro gli attivisti dei NO-pilone le avranno considerate molto bene.
Buona lettura.


Articolo pubblicato il giorno 2 aprile 2015 sul sito web Contro l’Italia dei NO

Ci mancava il comitato anti-pilone nel variegato esercito dei No a tutto. Tranquilli, l’abbiamo trovato, e grazie alla sua denuncia  presentata nel 2013 alla procura di Messina, si è ottenuto il sequestro del sostegno N.40 del tratto siciliano  dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi. Opera elettrica tra le più importanti per il paese che deve congiungere l’isola con la rete sul continente, assicurando così la sicurezza del fabbisogno elettrico della Sicilia, rimuovendo le strozzature di rete e calmierando il consueto esorbitante prezzo dell’elettricità  siciliana. Impennate che avvantaggiano gli operatori elettrici isolani ma costano a famiglie e imprese della Trinacria; solo nella scorsa estate, 600 milioni di euro, per un totale, a tutto il 2014, di oltre 4 miliardi di euro di mancati risparmi. Insomma, un’opera necessaria non solo per le tasche degli utenti siciliani, ma anche indispensabile per l’ammodernamento di un’infrastruttura di trasmissione che deve diventare sempre più interconnessa e integrata con le fonti rinnovabili per realizzare l’agognata transizione verso una generazione low carbon che sta a cuore di tutti. O no?

Cinque anni di iter autorizzativo, oltre 100 incontri e sopralluoghi con le comunità locali, e i pareri positivi di oltre 80 enti interessati non sono stati sufficienti per rassicurare l’opinione pubblica locale che la difesa del territorio e la tutela della salute pubblica erano state ampiamente esaminate e valutate. Invece, improvvisamente, a lavori quasi ultimati, a pochi mesi dell’entrata a regime dell’elettrodotto, grazie all’attivismo dell’associazione Mediterranea per la Natura Onlus (MAN), è stato riconosciuto come vigente, sebbene sia ancora ancora in corso di approvazione, il piano paesaggistico dell’ambito regionale 9 della provincia di Messina nel quale rientra il comune di Saponara in cui si trova il crinale di Monte Raunuso dove è posizionato il pilone incriminato.

Alla beffa per gli utenti italiani che in bolletta si ritroveranno comunque i 700 milioni di euro di investimento spesi da Terna per realizzare un’opera inutilizzata, si aggiunge il paradosso di un’amministrazione che rilascia pareri che si rimangia, di una burocrazia che avanza per ritrarsi. E’ perlomeno stravagante che,  l’organo preposto alla valutazione, cioè la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Messina, nel corretto esercizio della propria discrezionalità tecnico-amministrativa, abbia revocato il parere positivo già espresso sull’opera senza preoccuparsi del significato di andare contro, e non adempiere, all’interesse pubblico; così com’è sconcertante che l’autorizzazione sia stata rilasciata dalle medesime istituzioni che hanno poi approvato il piano paesaggistico che vincola l’opera.

Perdita secca invece, dal punto di vista ambientale. Il territorio  non potrà beneficiare del piano di dismissioni connesse alla realizzazione dell’elettrodotto Sorgente-Rizziconi. Con la sua messa in esercizio, ora con il blitz giudiziario procrastinato sine die, sarebbero state rimosse ben 87 km di vecchie linee, poste in vicinanza di 1.151 edifici, 636 dei quali nell’area a elevato rischio di crisi ambientale della Valle del Mela.


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