Qualche giorno fa sono andato a visitare il Museo Storico della Liberazione che si trova a Roma, in Via Torquato Tasso (qualcuno, se ha visto il film "Roma Città Aperta", ha forse già capito di cosa sto parlando).
Ho potuto leggere le ultime parole incise dai partigiani condannati a morte sulle pareti delle celle e ancora perfettamente leggibili.
Ho scoperto tante nuove storie italiane, che andrebbero ricordate, raccontate, spiegate.
A volte basterebbe fare più attenzione ai nomi delle vie e delle piazze.
Per esempio io ogni mattina, andando a lavoro, passo da una piazzetta, anonima a prima vista: è Piazzale dei Caduti della Montagnola, dove il 10 settembre 1943 morirono 53 persone (militari e civili) per difendere Roma dall'avanzata tedesca.
Ci sono tante altre storie come questa, e oggi nei miei appunti ne voglio segnare una che mi ha colpito particolarmente: la storia di Ugo Forno, il partigiano Ugo Forno, che a 12 anni, insieme ad alcuni suoi amici, mise in fuga un gruppo di guastatori tedeschi che volevano far saltare il ponte ferroviario sul fiume Aniene (proprio lì a fianco passano oggi i FrecciaRossa ed Italo).
Ma fu ucciso da una granata.
A 12 anni.
Era il 5 giugno. Il giorno dopo dall'entrata a Roma delle prime truppe canadesi.
Ugo Forno era uno studente romano, abitante con i genitori in via Nemorense e che frequentava la seconda media al Luigi Settembrini di via Sebenico.
La mattina del 5 giugno 1944, uscito di casa alle 6.30, incontra gli alleati, da poco entrati in Roma a Piazza Verbano, Alle 7.30 Angiolo Bandinelli lo vede vicino al Parco Nemorense che grida: "c'è una battaglia lassù oltre piazza Vescovio! Ci sono i tedeschi resistono ancora". Seppe da alcune persone, riunite in piazza Vescovio, che un reparto di guastatori tedeschi stava cercando di far saltare il ponte ferroviario sull'Aniene.
Procuratosi un fucile e una bandoliera con diverse cartucce, alle ore 9, Forno entrò in una casa colonica di vicolo del Pino per incontrarsi con cinque giovani, anche loro armati con fucili e pistole. Forno convinse i cinque giovani contadini Antonio e Francesco Guidi, Luciano Curzi, Vittorio Seboni e Sandro Fornari, a impedire ad ogni costo l’azione delle retroguardie tedesche.
Attraversata la campagna e giunti all'altezza dell’Aniene, i sei partigiani videro una decina di guastatori tedeschi, intenti a piazzare grossi pacchi di esplosivo sotto le arcate del ponte che sorregge i binari della ferrovia Roma-Firenze, di fianco a Ponte Salario.
I partigiani, allora, aprirono il fuoco sul commando germanico, costringendoli a gettarsi al riparo. Dopo un breve combattimento i soldati tedeschi decisero di abbandonare l’azione e ritirarsi. Per coprirsi le spalle, tuttavia, spararono tre colpi con un mortaio. Il primo prese in pieno Francesco Guidi, facendolo stramazzare. Il secondo proiettile squarciò una coscia al Curzi e staccò un braccio al Fornari; il terzo e le schegge centrarono Ugo Forno al petto e alla testa, uccidendolo di schianto, a mezzogiorno e qualche minuto. Il loro sacrificio permise la salvezza del ponte ferroviario sull'Aniene, che rimase intatto.
Dopo poco giunsero un gruppo di gappisti che avvolsero il corpo di Ugo Forno in una bandiera e lo trasportarono, insieme ai tre feriti, nella clinica di via Monte delle Gioie. Francesco Guidi, 21 anni, non riuscì a sopravvivere all’estremo tentativo chirurgico di salvargli la vita.
Il 5 giugno 2010, il ponte ferroviario sull'Aniene è stato dedicato ad Ugo Forno da RFI-Rete Ferroviaria Italiana.
Il 16 gennaio 2013 gli è stata conferita la Medaglia d'oro al merito civile.