Pubblico questo articolo perchè è un'interessante risposta al coro di voci che attribuiscono al fotovoltaico (e ai suoi incentivi) tutta la colpa per la situazione di overcapacity in cui versa l'attuale sistema termoelettrico italiano.
Il titolo dell'articolo originale è senza il punto interrogativo, che invece io aggiungo perchè non mi schiero a favore dell'una o dell'altra parte (non ne ho ancora la piena conoscenza, per poterlo fare in maniera consapevole), ma questa analisi di Zorzoli merita comunque di essere letta, a mio avviso.
Buona lettura.
Quando una comunità è afflitta da gravi problemi di difficile soluzione,
chi ne porta una grossa parte di responsabilità immancabilmente addita
un colpevole su cui scaricarla; operazione che riesce meglio se il
nemico viene da fuori (per la crisi economica l'euro, la Merkel o
entrambi). Purtroppo, occultare le cause reali dei problemi non aiuta a
risolverli; anzi, spesso li peggiora.
Come conferma nella sua intervista alla Staffetta, Chicco Testa non si comporta diversamente. È incontestabile che, quanto più la loro produzione è basata sui cicli combinati, le aziende elettriche si trovino in gravi difficoltà. Nessuno nega che in passato il fotovoltaico sia stato eccessivamente incentivato. Tuttavia, quando si individua nel fotovoltaico il principale responsabile di tali difficoltà, come il presidente di Assoelettrica continua sistematicamente a fare, siamo in presenza dell'ennesima invenzione del nemico di comodo.
Lo stesso Testa ha stimato in 2.440 ore il funzionamento medio, nel 2012, dei cicli combinati in puro assetto elettrico. Tenuto conto della potenza installata, l'anno scorso la loro produzione è stata quindi intorno a 61 TWh. Sempre nel 2012, il fotovoltaico ha generato 18,8 TWh (dati GSE). Supponiamo una produzione dimezzata, grazie a misure d'incentivazione molto severe; se la quota di offerta così liberata fosse andata tutta ai cicli combinati, il numero medio di ore di funzionamento sarebbe arrivato intorno a 2.800, ancora largamente insufficiente. Per la felicità del presidente di Assoelettrica, ma non dell'imprenditore Testa, immaginiamo un divieto draconiano di installare impianti fotovoltaici in Italia: in tal modo nel 2012 si sarebbero rasentate 3.200 ore, ancora molto al di sotto dei valori che hanno convinto le banche a finanziare gli investimenti in cicli combinati.
Le cause principali dell'overcapacity sono evidentemente altre e, per evitare di parlarne, nell'intervista Testa arriva ad affermare che “se nel '98 qualcuno avesse detto alle aziende elettriche che nel 2007 avrebbero fatto partire un ciclo di investimenti incentivato, forse si sarebbero comportate diversamente”. Senza rendersene conto, non fa un buon servizio ai suoi associati, descrivendoli come tante Alici sbigottite nel Paese delle Meraviglie, mentre erano perfettamente al corrente degli impegni assunti nel 1997, cioè nell'anno precedente, con la firma del protocollo di Kyoto e proprio allora stavano partecipando al dibattito intorno alle bozze del decreto Bersani, che sarebbe entrato in vigore di lì a pochi mesi. Sì, proprio il decreto che, come ricorda Chicco Testa, ha aperto il mercato elettrico, ma, “dettaglio” che omette di menzionare, in attuazione della Direttiva europea n. 92 del 1996 introduceva la priorità di accesso alla rete “dell'energia elettrica prodotta a mezzo di fonti energetiche rinnovabili e di quella prodotta mediante cogenerazione” (art. 3, comma 3) e misure di incentivazione delle rinnovabili (art. 11). Il ciclo di investimenti incentivato era quindi già nelle bozze disponibili proprio nel 1998 e sarebbe diventato operativo l'anno dopo, insieme alla priorità di accesso alla rete. Insomma, già il decreto Bersani limitava la quota di mercato contendibile, destinandone una quota crescente alle rinnovabili e alla cogenerazione (allora, in pratica, agli impianti CIP6, che hanno consentito ad alcune importanti aziende elettriche di farsi le ossa grazie a generosi incentivi, destinati a fine corsa a pesare sui consumatori per diverse decine di miliardi, ma di questo Testa non parla mai).
Tutto ciò le imprese elettriche lo sapevano benissimo tanto che, come ho già ricordato su queste pagine, la relazione annuale del 14 giugno 2006 del presidente di Assoelettrica, considerava sufficienti i 19.500 MW allora installati o in cantiere, tenuto conto della crescita di potenza delle rinnovabili, necessaria “per il raggiungimento degli obiettivi fissati in sede europea”, che ormai non potevano più essere solo quelli del protocollo di Kyoto. Nel gennaio dello stesso 2006 una comunicazione della Commissione europea aveva infatti lanciato il pacchetto clima/energia, tanto che nel già 2007 (prima dell'insorgere della crisi economica, che ha quindi solo aggravato la situazione) sulla rivista “Energia” Clô e Verde potevano scrivere che con l'attuazione del pacchetto “la quota di produzione lorda da FER potrà arrivare a coprire .. il 40% di quella italiana”, cui va aggiunto l'apporto degli impianti cogenerativi.
Se, ascoltando questi ammonimenti, le aziende elettriche si fossero fermate a 19.500 MW, nel 2012 i cicli combinati avrebbero mediamente funzionato per 3.250 ore, una cifra lievemente superiore a quella ipoteticamente ottenibile con il divieto di installare impianti fotovoltaici.
Tuttavia, anche se per la maggior parte è da attribuire a responsabilità non addebitabili alle rinnovabili e al fotovoltaico in particolare, la situazione di overcapacity rimane molto grave e va affrontata con senso di responsabilità da parte di tutti. A patto, però, che non si continui col “dalli all'untore” e tutti ricordino che talvolta il silenzio può essere d'oro.
Come conferma nella sua intervista alla Staffetta, Chicco Testa non si comporta diversamente. È incontestabile che, quanto più la loro produzione è basata sui cicli combinati, le aziende elettriche si trovino in gravi difficoltà. Nessuno nega che in passato il fotovoltaico sia stato eccessivamente incentivato. Tuttavia, quando si individua nel fotovoltaico il principale responsabile di tali difficoltà, come il presidente di Assoelettrica continua sistematicamente a fare, siamo in presenza dell'ennesima invenzione del nemico di comodo.
Lo stesso Testa ha stimato in 2.440 ore il funzionamento medio, nel 2012, dei cicli combinati in puro assetto elettrico. Tenuto conto della potenza installata, l'anno scorso la loro produzione è stata quindi intorno a 61 TWh. Sempre nel 2012, il fotovoltaico ha generato 18,8 TWh (dati GSE). Supponiamo una produzione dimezzata, grazie a misure d'incentivazione molto severe; se la quota di offerta così liberata fosse andata tutta ai cicli combinati, il numero medio di ore di funzionamento sarebbe arrivato intorno a 2.800, ancora largamente insufficiente. Per la felicità del presidente di Assoelettrica, ma non dell'imprenditore Testa, immaginiamo un divieto draconiano di installare impianti fotovoltaici in Italia: in tal modo nel 2012 si sarebbero rasentate 3.200 ore, ancora molto al di sotto dei valori che hanno convinto le banche a finanziare gli investimenti in cicli combinati.
Le cause principali dell'overcapacity sono evidentemente altre e, per evitare di parlarne, nell'intervista Testa arriva ad affermare che “se nel '98 qualcuno avesse detto alle aziende elettriche che nel 2007 avrebbero fatto partire un ciclo di investimenti incentivato, forse si sarebbero comportate diversamente”. Senza rendersene conto, non fa un buon servizio ai suoi associati, descrivendoli come tante Alici sbigottite nel Paese delle Meraviglie, mentre erano perfettamente al corrente degli impegni assunti nel 1997, cioè nell'anno precedente, con la firma del protocollo di Kyoto e proprio allora stavano partecipando al dibattito intorno alle bozze del decreto Bersani, che sarebbe entrato in vigore di lì a pochi mesi. Sì, proprio il decreto che, come ricorda Chicco Testa, ha aperto il mercato elettrico, ma, “dettaglio” che omette di menzionare, in attuazione della Direttiva europea n. 92 del 1996 introduceva la priorità di accesso alla rete “dell'energia elettrica prodotta a mezzo di fonti energetiche rinnovabili e di quella prodotta mediante cogenerazione” (art. 3, comma 3) e misure di incentivazione delle rinnovabili (art. 11). Il ciclo di investimenti incentivato era quindi già nelle bozze disponibili proprio nel 1998 e sarebbe diventato operativo l'anno dopo, insieme alla priorità di accesso alla rete. Insomma, già il decreto Bersani limitava la quota di mercato contendibile, destinandone una quota crescente alle rinnovabili e alla cogenerazione (allora, in pratica, agli impianti CIP6, che hanno consentito ad alcune importanti aziende elettriche di farsi le ossa grazie a generosi incentivi, destinati a fine corsa a pesare sui consumatori per diverse decine di miliardi, ma di questo Testa non parla mai).
Tutto ciò le imprese elettriche lo sapevano benissimo tanto che, come ho già ricordato su queste pagine, la relazione annuale del 14 giugno 2006 del presidente di Assoelettrica, considerava sufficienti i 19.500 MW allora installati o in cantiere, tenuto conto della crescita di potenza delle rinnovabili, necessaria “per il raggiungimento degli obiettivi fissati in sede europea”, che ormai non potevano più essere solo quelli del protocollo di Kyoto. Nel gennaio dello stesso 2006 una comunicazione della Commissione europea aveva infatti lanciato il pacchetto clima/energia, tanto che nel già 2007 (prima dell'insorgere della crisi economica, che ha quindi solo aggravato la situazione) sulla rivista “Energia” Clô e Verde potevano scrivere che con l'attuazione del pacchetto “la quota di produzione lorda da FER potrà arrivare a coprire .. il 40% di quella italiana”, cui va aggiunto l'apporto degli impianti cogenerativi.
Se, ascoltando questi ammonimenti, le aziende elettriche si fossero fermate a 19.500 MW, nel 2012 i cicli combinati avrebbero mediamente funzionato per 3.250 ore, una cifra lievemente superiore a quella ipoteticamente ottenibile con il divieto di installare impianti fotovoltaici.
Tuttavia, anche se per la maggior parte è da attribuire a responsabilità non addebitabili alle rinnovabili e al fotovoltaico in particolare, la situazione di overcapacity rimane molto grave e va affrontata con senso di responsabilità da parte di tutti. A patto, però, che non si continui col “dalli all'untore” e tutti ricordino che talvolta il silenzio può essere d'oro.