Sto rileggendo un libro di poesie di De Luca, forse ne pubblicherò qualcun altra, trattano e parlano dei migranti che viaggiano verso l'Italia; intanto ne riporto una che mi ha colpito subito, quando la lessi alcuni anni fa.
Altro che le cene del Lions club.
Mi sono seduto anche a tavole sontuose
dove i bicchieri vanno secondo i vini
e uomini di molto più eleganti
s'aggirano a servire le pietanze.
Ma so meglio la tavola dove si strofina il fondo di scodella
con il pane e le dita arrugginite
mensa di mezzogiorno
di fiati vergognosi di appettito.
Non bisbiglio di commensali a commentare il pasto
ma di gole indurite che inghiottiscono
per rimettere forza di lavoro
e non portano eretti alla bocca la posata
ma si calano sopra, addentano a mezz'aria
per nascondere il magro del boccone
il quasi niente avanzo della sera.
E di cibo non parlano per il timore di nominarlo invano.
che bella poesia...è molto forte, anche dal punto di vista del lessico la trovo quasi "dura", ma rende bene il senso di privazione e di dignità.
RispondiEliminanon ho mai letto De Luca, ma ti prego di pubblicare qualcos'altro, grazie! ;-)