Leggendo
un libro, ho saputo della famosa "Omelia di Sagunto" pronunciata dal
Cardinale Pappalardo il 4 settembre 1982, al funerale del Generale Carlo
Alberto Dalla Chiesa e di sua moglie Emmanuela Setti Carraro. Uccisi dalla
mafia.
La domenica successiva, la messa
che Pappalrdo celebrava all'Ucciardone, fu disertata da tutti i detenuti.
Buona lettura.
Non è
facile per me, pastore di questa Chiesa, dire, e per voi, alte autorità dello
Stato, del parlamento e del governo – alla significativa presenza del signor
presidente della Repubblica e di tutto questo popolo – ascoltare quanto la
tristissima circostanza in cui ci troviamo comporta che si dica e che si ascolti.
Ancora un delitto, come se i tanti che si sono succeduti non bastassero, un
delitto che ha colpito a morte un personaggio qualificatissimo, non solo nella
nostra città ma in tutta la nazione, ricolmo di riconosciuti meriti per i
molteplici servizi resi alla società italiana: il generale Carlo Alberto Dalla
Chiesa, prefetto di Palermo, uccidendone anche la giovane consorte e ferendo
gravissimamente l’agente di scorta: vittime tutte dell’adempimento del loro
dovere.
Che dire? Mi pare che altro non possiamo se non ripetere e fare nostro il brano
del libro delle Lamentazioni del profeta Geremia che abbiamo letto: Siamo
rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… la continua esperienza
del nostro incerto vagare, in alto e in basso… del nostro penoso
disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e
veleno… (cfr. Lam., 3, 17-19). Subiamo tutti la stessa pericolosa tentazione
del Profeta medesimo: che il nostro spirito si deprima e si accasci dentro di
noi!
Dinanzi al ripetersi di tanti delitti, e così efferati, in tutto il suolo della
nostra Italia, ed in alcune regioni in modo particolare, dobbiamo prendere
sempre più coscienza, ognuno per la parte e per la responsabilità che lo
riguarda, di quanto presenti, forti e tracotanti siano le forze del male che
operano nella nostra società, per tutelare e difendere i loschi interessi di
potenti fazioni, variamente denominate, terrorismo, camorra, mafia… che
possono permettersi di affrontare apertamente lo Stato, offendere ed umiliare
le sue istituzioni, colpire i suoi uomini migliori.
Forze del male che non sono realtà astratte… non fantastici organismi ma
persone vive e reali, possedute internamente dal Demone dell’odio, quasi
incarnazione di quel Satana, nemico di Dio e dell’uomo, che nella Scrittura è
detto «Omicida fin dall’inizio» (Gv., 8, 44) ed ispiratore di tutti gli omicidi
che si sono effettuati sulla faccia della terra, da quel primo di Caino sino ai
tanti dei nostri giorni. «Chi non ama» ci ha ricordato l’Apostolo Giovanni
(Gv., 3, 44) «rimane nella morte» e diventa operatore di morte sulla faccia
della terra, destinato anche lui alla morte eterna se, rigettato l’odio, non
ritorna al culto dell’amore cristiano dei fratelli e al rispetto per la vita.
Si sta sviluppando invece – e ne siamo costernati spettatori – tutta una catena
di violenze e di vendette tanto più importanti perché, mentre così lente ed
incerte appaiono le mosse e le decisioni di chi deve provvedere alla sicurezza
e al bene di tutti – siano privati cittadini che funzionari ed autorità dello
Stato – quanto mai decise, tempestive e scattanti sono le azioni di chi ha
mente, volontà e braccio pronti per colpire… Sovviene e si può applicare una
nota frase della letteratura latina, di Sallustio, mi pare: «Dum Romae
consulitur … Saguntum expugnatur», mentre a Roma si pensa sul da fare, la
città di Sagunto viene espugnata dai nemici! E questa volta non è Sagunto ma
Palermo. Povera Palermo!
È morto il prefetto Dalla Chiesa, è morta con lui la sua giovane consorte, a
lui recentemente unitasi più per condividere l’atroce immediata fine che non
per passare insieme tranquilli anni di vita; è anche questo un aspetto che
mostra la spietatezza, la durezza di cuore di chi ha deciso e di chi ha agito:
insensibilità e durezza che potrebbero passare anche in una opinione pubblica
talmente assuefatta a sì atroci delitti, da non più reagire col raccapriccio
per l’accaduto e con la dovuta pietà nei riguardi delle vittime e dei loro
sconsolati parenti!
Ma io vorrei che tutti, a cominciare dalla venerata mamma del generale, dai
figli, dai fratelli, da tutti gli altri congiunti: anche della gentile signora,
fossimo capaci di formulare in questo drammatico momento un grande, anche se
difficile e sofferto atto di fede, sempre riferendoci alle parole del profeta
Geremia che abbiamo prima ascoltato: «le misericordie del Signore non sono
finite, non è esaurita la sua compassione, ma sono rinnovate ogni giorno…
grande è la sua Fedeltà…, buono è il Signore con chi spera in lui… con l’anima
che lo cerca… È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore…» (cfr.
Lam., 3, 22-26).
Ecco il grande silenzio della morte… Ecco anche la grande nostra intima e
silenziosa attesa della fede… capaci tutti di ripetere al Signore, anche se con
l’ultimo straziante grido di chi muore su una croce: Gesù, ricordati di me
quando sarai nel tuo Regno… ed aspettare la sua immancabile risposta, quella
che noi auspichiamo sia stata già riservata agli spiriti eletti del fratello
nella fede Carlo Alberto e della sorella Emmanuela: «oggi sarete con me nel
Paradiso» (Lc, 23, 42).
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