Oggi ricorre il 4° anniversario del sisma in Abruzzo.
Propongo questo articolo, che scrissi appena rientrato dalla mia esperienza di servizio in quei luoghi.
Per non dimenticare.
Buona lettura.
"Con l'aiuto di Dio prometto sul mio onore di fare del mio meglio:
- per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio paese;
- per aiutare gli altri in ogni circostanza;
- per osservare la Legge scout".
- per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio paese;
- per aiutare gli altri in ogni circostanza;
- per osservare la Legge scout".
Mi chiamo Marco Campagna, ho 22
anni, sono un capo del Branco Roccia della Pace, gruppo scout Piazza Armerina
2, parrocchia Sacro Cuore.
Dal 28 Aprile al 5 maggio ho
prestato il mio servizio in Abruzzo per l’emergenza terremoto.
Non ho fatto niente di speciale,
se non tenere fede alla Promessa pronunciata tanti anni fa: compiere il mio
dovere verso Dio e verso il mio paese, aiutare gli altri in ogni circostanza.
Durante questi giorni ho prestato
diversi tipi di servizio, dal magazziniere al distributore di pasti in mensa
fino al segretario della funzione per il coordinamento dei volontari, ma dopo
esser ritornato ho capito che in tutti
questi impieghi ho servito sempre una persona sola: Gesù, incarnato in tutta la
gente sofferente che ho incontrato.
Sono arrivato il 28 aprile a
Palombaia di Tornimparte, il campo gestito dalla regione Sicilia, a circa 10 km
dall’Aquila. Il primo impatto con il campo è forte, adesso non sei più davanti
lo schermo, comodamente seduto a casa, ma sei proprio lì, puoi toccare con mano
le tende, la pioggia incessante, il freddo.
Già durante il viaggio mi
chiedevo: “ma adesso io che ci vado a raccontare a gente che ha perso casa,
lavoro, automobile e forse pure qualche familiare?”.
Arrivato al campo però devi
essere subito operativo e (forse per fortuna) non hai neanche il tempo di
pensare a causa di tutto il lavoro che c’è da fare.
I primi due giorni li ho passati
in mensa, tra magazzino, cucina e distribuzione pasti: sono i momenti del pasto
quelli in cui si ha il contatto con la popolazione, ed è lì che quella domanda
rimasta senza risposta qualche riga fa cade subito, infatti sono proprio loro,
gli sfollati, che ti danno il benvenuto!!
“Che bello delle facce nuove!”,
“Benvenuti a Tornimparte!”, “Da dove arrivate ragazzi? Fa freddo da queste
parti eh?”, sono solo alcune delle frasi che mi sono sentito dire al mio primo
giorno di lavoro.
Senza parole. Sono loro che mi
rassicurano, che mi fanno subito sentire a casa. Spesso si sente dire dai volontari che
durante il loro servizio hanno ricevuto dalla gente assistita più di quello che
sono riusciti a dare. Non è retorica.
Per la prima volta mi viene in
mente una frase del fondatore dello scautismo, e che mi tornerà in mente in
maniera quasi ciclica ogni giorno:
“La vera felicità la potrete
trovare solo facendo la felicità degli altri”.
Nel nostro campo i bambini non
sono molti, ma riescono lo stesso a mettere allegria, e io che sono un capo
branco abituato a stare con i bambini mi faccio subito coinvolgere dai loro
giochi, il nascondino tra le tende era il più divertente. Alcuni di loro non
hanno più una casa nè una scuola nè un campetto in cui giocare, eppure hanno
una gran voglia di cantare, ballare, correre, ridere. Solo i bambini riescono
in certe cose.
Nei giorni successivi vengo
spostato in segreteria volontariato del com 3 di Pizzoli: lavoro dalle 8 di
mattina alle 21, il nostro compito è quello di gestire tutti i volontari di un
bel po’ di campi sparsi a nord e a sud di L’Aquila. Il lavoro arretrato è
moltissimo, soprattutto riguardo la registrazione dei volontari in servizio nei
vari campi: in soli cinque giorni registriamo più di mille volontari.
Da questo luogo vedo passare
tantissime facce, e tantissime figure utili in un’emergenza, infermieri,
psicologi, unità cinofile, guardia caccia e guardia pesca, radio amatori e
tanti altri. I modi per fare servizio sono davvero tanti.
I giorni passano uguali, tra una
scossa e l’ altra, c’è pure chi si vanta, scherzosamente, di conoscere gli
“orari” del terremoto: le 5.00 di mattina, le 14.00 e le 22.00 circa, fuori da
questi orari non dovrebbero accadere sorprese.
Il primo maggio è la festa dei
lavoratori, e tornando dalla segreteria trovo un gruppo musicale nel tendone
della mensa con tutta la gente e i volontari che ballano allegramente. Sono
stanco, ma non appena vedo alcuni bambini che scorrazzano tra i tavoli e le
persone che ballano, non riesco a trattenermi e mi butto a giocare con loro.
Sarà stata solo una mezz’oretta, ma è bastata a darmi la ricarica di allegria e
gioia di cui avevo bisogno per affrontare i giorni successivi.
Arriva il 5 maggio, giorno
importante per ben altri motivi, ma è anche il giorno del mio ritorno a casa.
In questi giorni la nostra squadra è diventata molto affiatata e doversi
salutare non è mai una cosa semplice. Ma la cosa più difficile è salutare la gente del posto, sia quelli che hai
conosciuto di persona che quelli visti solo ogni tanto. Quando una squadra
torna a casa (generalmente durante l’ora di pranzo), passa tra i tavoli della
mensa e tutta la gente batte forte le mani e saluta, la commozione è davvero
tanta da entrambe le parti, e soprattutto è autentica: qua non ci sono
telecamere con i loro primi piani alla ricerca della lacrima a tutti i costi né
giornalisti indiscreti che sembrano fare domande apposta per generare il
pianto. Qui è tutto vero, purtroppo. Io decido di camminare a testa bassa fino
all’uscita, fermandomi solo a salutare qualcuno che mi chiama da vicino.
Arrivato nel furgone mi rendo conto di avere un magone che non riesco a farmi
passare, ma non sono solo, anche gli altri compagni di squadra sono tristi. Mi
sembra quasi di abbandonare tutta quella brava gente, mentre io me ne torno
tranquillo nella mia calda casetta. So che non è così, in esercitazione mi è
stato detto più volte che la vita deve continuare per tutti, sia per loro che
per noi volontari, ma è dura da mandare giù; e allora cerco di applicare un
articolo della legge scout (gli scout
sorridono e cantano nelle difficoltà): cantando riusciamo a sfogarci un
po’, ma una piccola parte di me è rimasta lì, nei sorrisi di Martina, Vittorio,
Lorenzo, Samuele, Alessia, il vecchietto di cui forse neanche sapevo il nome
con cui ho fatto qualche volta colazione e che mi ricordava tanto mio nonno, e
tutti gli altri che mi hanno onorato della loro conoscenza.
L’AQUILA TORNA A VOLARE!!
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