La seguente poesia parla del comandante partigiano Ante Zemljar, incarcerato dalla polizia titina e deportato nel lager di Goli Otok, l"isola cava".
Goli Otok è un gulag, un centro di "rieducazione politica".
Ante venne arrestato per le sue posizioni staliniste, perchè si oppose alla separazione di Tito dall'unione sovietica. Egli rimane nell'isola calva per cinque interminabili anni.
Ma ne uscirà vivo.
Era una finestrella, sbarrata da una tavola di legno, l'unica presa d'aria della cella.
L'uomo si abitua all'ombra.
A mezzogiorno, in piedi sulla branda, si allunga la fessura della luce: meno di un rigo, un verso, breve, passa sulle palpebre degli occhi.
C'è un nodo nel legno, e lui tocca con l'unghia e con il tempo, con la punta dell'unghia e del tempo: all'uomo serve un gioco, nella cella.
Un giorno il nodo cede; pregato dall'unghia, l'amica del tempo, che ricresce ogni giorno, il nodo cede. Si toglie come un tappo di bottiglia, e nel suo collo passa uno zampillo di luce, dritta, liscia, s'allarga a terra. Allaga il pavimento.
Il prigioniero Ante si mette scalzo, ci si bagna i piedi. E' un anno che non esce di cella: niente cortile, aria. Un anno che la porta è uguale al muro, che la porta non porta da nessuna parte. Un anno.
Strizza gli occhi. Il sole dentro il buco è un'arancia, tonda, nella mano.
I piedi si strofinano fra loro: sono due bambini, la prima volta al mare. I piedi di Ante Zemljar.
Ante Zemljar, comandante di molti partigiani, congedato col merito della vittoria in guerra, e adesso chiuso dagli stessi compagni suoi: nemico della patria.
Nemico.
Lui, che l'ha agguantata al collo, l'ha scrollata dagli eserciti invasori fiume per fiume, dalla Neretva alla Drina, coi calci della fame, senza nemmeno portar via una cipolla a un contadino, perché così è la guerra partigiana.
Nemico. Lui.
L'hanno tolto da casa. Da Sonia, di due anni, che sa gridare già "Lasciate il mio papà!"
Adesso, sì, voi siete i suoi nemici.
Ante sa le percosse.
Sa che un pugno da destra lascia sangue sul muro di sinistra e viceversa, un pugno dritto in faccia lascia sangue a terra. Ma c'è la novità: qui le botte riescono a lasciare il sangue sul soffitto. C'è da imparare sempre circa le vie del sangue, e dei colpi ingegnosi dei gendarmi.
Ante conserva il nodo. Lo rimette nel legno. La guardia non saprà. Il sole non è spia, s'infila svelto e poi non lascia impronta. Pure se perquisisce, la guardia non può dire "Qui c'è stato il sole, sento il suo odore!" Il sole non è un topo. Pure se ne finisce molto in una cella, nessuno si accorge che fuori manca un raggio, che la conduttura del sole ha un buco, che perde luce da un nodo di legno.
Ancora un po' di mesi, poi glielo daranno il sole, tutto in una volta, sulla schiena, peggio dei colpi di bastonatura. Sopra l'isola nuda, a spaccar pietre, Ante.
Il prigioniero Ante.
Ha conservato il nodo. Qualche volta, lontano dalla guardia, lo punta contro il sole, e si procura un'ombra sempre all'isola nuda, a spaccar pietre bianche e poi gettarle in mare. Adriatico. Perché la pena è pura, non ha valore pratico. E il mare non si riempirà.
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