venerdì 15 novembre 2013

"Sete di energia" o "Energia che ha sete"?

Acqua.
Uno dei miei temi preferiti. 
Qualche giorno fa è uscito un interessante rapporto di Wood Mackenzie riguardante i rischi che l'industria energetica mondiale potrebbe dover affrontare a causa della scarsità di risorse idriche.
Già nel suo World Energy Outlook 2012, l'International Energy Agency aveva riservato, per la prima volta, un capitolo apposito su questa tematica, dal titolo "Water for Energy".
Oggi questo rapporto di WM conferma alcune delle considerazioni esposte nel WEO, aggiungendo un pò di ottimismo (non che il WEO fosse allarmista, intendiamoci) riguardo il rischio idrico legato alle tecnologie per lo sfruttamento delle risorse non convenzionali (fracking): alcune società si stanno attrezzando per implementare tecniche di risparmio e riutilizzo, e inoltre il rapporto fa notare che il fracking permette anche l'utilizzo di acque saline, evitando il consumo delle più preziose acque dolci.
L'articolo che propongo è tratto dalla Staffetta Quotidiana.

Buona lettura.

I problemi legati all'acqua pongono una serie di rischi per l'industria energetica e potrebbero avere un ruolo significativo nel forgiare il futuro scenario del mix di fonti energetiche cui attingerà la popolazione mondiale: è quanto sostiene una nuova ricerca Wood Mackenzie , “Troubled Waters Ahead? Rising Water Risks for Energy”, realizzata sulla base dei dati e delle mappe sul rischio idrico del Water Resources Institute.
Quasi tutte le forme di produzione di energia e di generazione di elettricità, infatti, dipendono in qualche modo dall'acqua. Sebbene sia l'agricoltura il settore idrovoro per eccellenza, utilizzando circa due terzi delle provviste d'acqua dolce mondiali, quello dell'energia è il comparto che consuma la maggior quantità d'acqua all'interno del settore industriale (15% della risorsa disponibile a livello globale) e la cui domanda d'acqua e in continua crescita. Con le previsioni Onu che indicano un deficit idrico del 40% entro il 2013, l'utilizzo di acqua nel settore energetico è una preoccupazione centrale dei governi. Secondo lo studio, i maggiori impatti che il rischio idrico potrebbe produrre riguardano in primis la produzione di shale gas, in particolare negli Stati Uniti; a seguire, il settore petrolifero mediorientale e, infine, quello minerario carbonifero e termoelettrico a carbone della Cina.
Le aree a rischio identificate sono quelle in cui è più probabile un elevato livello di concorrenza tra gli utilizzatori d'acqua locali, un maggiore consumo della risorsa nel tempo e un elevato livello di contaminazione delle riserve idriche. “I principali rischi legati all'acqua per l'industria energetica – spiega Tara Schmidt, analista di Wood Mackenzie – includono la limitata accessibilità a nuove fonti di approvvigionamento, i ritardi nello sviluppo dei progetti, l'incremento dei costi e l'inattività degli asset”. I rischi variano molto in base alla fonte energetica e alla localizzazione degli assset. “L'acqua rappresenta un rischio per l'industria energetica. Il progresso apportato da tecnologie innovative, pratiche avanzate di gestione dell'acqua e da specifiche politiche pubbliche può mettere il settore nelle condizioni di affrontare la sfida di ridurre i rischi generati dalla questione idrica”, osserva Paul Reig del World Resources Institute. “Alcune delle soluzioni per ridurre tali rischi – aggiunge – sono l'implementazione di nuove tecnologie per migliorare le performance operative ambientali e, soprattutto, un pronto coinvolgimento dei portatori d'interesse a livello di bacino, insieme ai governo, per identificare le opportunità di azioni collettive finalizzate alla riduzione del rischio idrico”.
Primo comparto a rischio, come già accennato, è quello dello shale gas: se questo settore dovesse davvero decollare a livello globale, sarà senz'altro necessario affrontare i problemi di utilizzo e di contaminazione dell'acqua che può suscitare. “La ricerca mostra che più di metà delle riserve di shale e tight gas negli Stati Uniti, così come negli altri 10 paesi con le maggiori riserve del mondo, si trovano in aree a stress idrico da medio a estremo, dove la concorrenza con gli altri utilizzatori locali della risorsa è alta ed esistono preoccupazioni sulla qualità dell'acqua”, spiega Reid. Le società che operano in queste aree si trovano di fronte al rischio di avere limitato accesso a nuove fonti idriche e potenziali aumenti dei costi fino al 15% o anche oltre. Ciononostante, all'interno del mix globale di fonti energetiche, il gas non convenzionale fornisce una delle opportunità più promettenti di dimezzare o azzerare del tutto l'utilizzo di acqua dolce grazie al ricorso ad acque saline, al riciclo e alla ‘green completion', compensando – potenzialmente – gli incrementi di costo. Peraltro diverse società stanno iniziando ad affrontare le preoccupazioni del pubblico circa possibili contaminazioni dell'acqua, fornendo report sulla valutazione degli impatti e collaborando attivamente alla definizione degli standard per la produzione di shale gas. “Wood Mackenzie prevede che il trend verso una maggiore trasparenza e l'impegno pubblico prosegua – fa sapere Tara Schmidt – al passo con l'espansione degli operatori nei mercati internazionali, con preoccupazioni sempre più pressanti attorno alla questione idrica”.
Per quanto riguarda il petrolio mediorientale, la produzione sta già scontando l'inadeguatezza delle infrastrutture idriche sul piano dello sviluppo degli asset e la crescente domanda di petrolio per le esigenze locali di desalinazione non farà che esacerbare la situazione. “Infrastrutture idriche inadeguate contribuiscono a ritardare significativamente i progetti – afferma Schmidt – e limitano le opportunità di massimizzare la produzione nel lungo periodo potenziando il recupero avanzato di petrolio, le tecniche di completamento e l'esplorazione dello shale gas recentemente intrapresa (come nel caso dell'Arabia Saudita)”. La scarsa iniezione d'acqua in alcuni dei maggiori giacimenti dell'Iraq meridionale sta costando al maggior produttore della regione centinaia di migliaia di barili di petrolio al giorno, fa sapere Wood Mackenzie, e governo e compagnie stanno lavorando per migliorare la gestione dell'acqua nella regione, che soffre la scarsità della risorsa, con interventi sulle infrastrutture, per la conservazione della risorsa, nonché per l'utilizzo di tecnologie di desalinazione più efficienti.
Non sembra più fortunata la Cina, dove l'industria mineraria e gli impianti termoelettrici alimentati a carbone potrebbero ritrovarsi a forte rischio in futuro: secondo l'atlante del rischio idrico Aqueduct, oltre il 70% della capacità di generazione elettrica da carbone della Cina si trova in aree a stress idrico da medio a estremamente alto e le attività del settore si stanno espandendo sempre più nelle assetate province settentrionali e occidentali del paese. Per la produzione di carbone in queste aree è attesa una crescita del 50% entro il 2030, mentre l'output elettrico dovrebbe addirittura raddoppiare. “Con la grande maggioranza delle risorse idriche cinesi concentrate nel Sud del paese – spiega Paul Reig – e la grande maggioranza della nuova produzione di carbone proveniente dal Nord, lo Stato asiatico rischia una forte carenza idrica e importanti conflitti d'interesse tra la popolazione e l'industria”. Di conseguenza, i costi dell'industria mineraria e delle utility elettriche potrebbero diventare sempre più pressanti in risposta agli sforzi del governo di minimizzare l'utilizzo dell'acqua, con la necessità di affrontare modifiche della regolazione e difficoltà di accesso alla risorsa, nonché di mitigare il rischio potenziali interruzioni delle operazioni. A tali problematiche le società coinvolte stanno già cercando di trovare soluzione, cominciando a investire nel riciclo dell'acqua e in tecnologie più efficienti, nonché collaborando con altri utilizzatori della risorsa per individuare possibili soluzioni collettive. Alcune utility stanno anche provvedendo a installare sistemi di raffreddamento ad aria, che potrebbero permettere di ridurre l'uso dell'acqua fino a circa due terzi, mentre alcuni produttori di carbone puntano al riuso delle acque reflue.
Infine, le soluzioni indicate dagli analisti di Wood Mackenzie risiedono principalmente nell'innovazione tecnologica, nella trasparenza e nell'impegno a minimizzare i rischi per tutte le fonti energetiche. Sta alle società comprendere le esigenze e i rischi delle proprie attività sul piano idrico, sviluppare strategie chiare e disponibili al pubblico per affrontarli e tenersi pronti agli sviluppi futuri per non mettere a repentaglio la propria crescita e la fornitura di energia nell'avvenire.

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